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Arteriopatia Femoro-distale
Che cos'è l'arteriopatia obliterante agli arti inferiori (AOAI)?
L'arteriopatia obliterante degli arti inferiori (AOAI) è caratterizzata dalla chiusura, più o meno grave delle arterie degli arti inferiori. Coinvolge le arterie femorali comuni, le arterie poplitee e le arterie della gamba (tibiali anteriori e posteriori). L'AOAI è abbastanza frequente: interessa il 20% ca. della popolazione tra i 65 e i 75 anni, maggiormente i maschi. Ultimamente è in aumento l'incidenza della malattia nel sesso femminile. La causa principale è l'aterosclerosi, malattia multifattoriale, di cui un grave e diffusissimo fattore di rischio è il fumo. Altra gravissima causa è il diabete anche allo stadio iniziale.
La malattia ha una fase asintomatica [I stadio]: le arterie sono interessate da placche alle pareti, sono indurite e non più elastiche. Il flusso del sangue è ancora valido. Il paziente non accusa nessun disturbo. La malattia può progredire al [II stadio] con la comparsa di crampi muscolari durante la marcia. La sede del dolore è solitamente al polpaccio. L'intervallo libero da dolore diminuisce; il paziente può fare solo brevi tratti di strada o pochi gradini di scale. Nello stadio successivo il dolore ai piedi diventa fisso, a riposo [III stadio], (in particolare di notte); quindi per ultimo si manifestano le lesioni ulcerose o gangrenose della pelle, per lo più a livello del piede o delle caviglie, ma possono coinvolgere tutta la gamba [IV stadio].
La malattia, grazie ai presidi terapeutici, modificando la dieta e lo stile di vita (esercizio fisico e astensione dal fumo), spesso si arresta al secondo stadio. Ma in alcuni casi (5% ca.), evolve velocemente, per fenomeni improvvisi, come la trombosi delle arterie malate (formazione di un coagulo di sangue) o il distacco del coagulo dalla placca aterosclerotica (embolia), che blocca la circolazione dell'arto inferiore. In entrambi i casi, la mancanza improvvisa e severa del flusso sanguigno, a valle, è una gravissima manifestazione di malattia, che impone un trattamento d'urgenza (chirurgico, endovascolare o farmacologico) per ripristinare il flusso.
La diagnosi clinica nasce dal racconto della difficoltà del paziente a camminare e a fare le scale, della presenza e delle caratteristiche della sintomatologia dolorosa. Prosegue con la valutazione dei polsi arteriosi, della cute delle estremità (per le possibili lesioni ulcerative), termina con l'esame ecocolor – Doppler degli arti inferiori. Il passo successivo, è l'esecuzione di un esame più invasivo, l'arteriografia.
La strategia del trattamento varia secondo la localizzazione e l'estensione della malattia, l'età del paziente e il quadro clinico generale (apparato cardiocircolatorio, respiratorio, funzione renale e coagulativa, etc.) e il quadro clinico locale. Le indicazioni attuali al trattamento della malattia vanno valutate dal medico insieme al paziente. Si può fare un trattamento chirurgico o endovascolare (PTA), quando il paziente lamenta dolore alla deambulazione con intervallo libero ristretto (≤200mt). Ma per i pazienti più giovani o ancora molti attivi è possibile intervenire anche in presenza di un intervallo libero da dolore, se questo compromette in modo significativo la propria qualità di vita.
L'indicazione è d'obbligo quando la sintomatologia dolorosa è presente di continuo, in particolare durante il riposo notturno; a maggior ragione se sono presenti delle lesioni ulcerose alle estremità. Un quadro clinico più grave, spesso con evoluzione accelerata è la presenza di gangrena al piede, in particolare nei diabetici.
L'intervento e la degenza
Nei casi più gravi, il paziente si ricovera senza indugio. Gli accertamenti preoperatori vengono eseguiti in Reparto. All'ingresso si mettono in atto, tutti i presidi terapeutici, farmacologici e non, per il controllo del dolore e il miglioramento della circolazione periferica. Quindi si esegue l'esame arteriografico. In base alle risultanze di quest'ultimo, unitamente a tutti gli altri elementi del quadro clinico, si può decidere di procedere nella stessa seduta ad un trattamento endovascolare. Se questo non è possibile si programma un intervento chirurgico o un trattamento ibrido (chirurgico + endovascolare). La durata della degenza non è sempre predeterminabile: può essere di pochi giorni nei casi più semplici, ma anche maggiore della settimana nei casi più complessi.
Il prericovero
Il paziente viene preparato all'intervento con l'esecuzione di vari esami e accertamenti: Rx torace, analisi del sangue, elettrocardiogramma + visita cardiologica. Se necessario, su parere dell'Anestesista, possono essere eseguite altre visite specialistiche ed accertamenti strumentali.
Tipologie di trattamento
- 1) INTERVENTO CHIRURGICO TRADIZIONALE
- 2) INTERVENTO ENDOVASCOLARE
- 3) IBRIDO
Ogni tipo d'intervento, anche se eseguito, seguendo la strategia terapeutica migliore per il singolo Paziente, secondo le tecniche standard attuali e più aggiornate, con i sistemi di protezione e di monitoraggio più avanzati, possono essere gravate da complicanze immediate intraoperatorie, precoci o tardive.
1) INTERVENTO CHIRURGICO TRADIZIONALE
L'intervento chirurgico tradizionale può essere eseguito in due modalità differenti: la tromboendoarteriectomia (TEA) o il bypass. La TEA consiste nella “pulitura” dell'arteria, rimuovendo l'occlusione causata dal deposito nella parete di materiale aterosclerotico. Viene eseguita sia a livello della coscia (arterie femorali comune, superficiale e profonda), che della gamba (arteria poplitea). La sutura del vaso avviene direttamente o con l'apposizione di un patch in materiale sintetico per allargare il calibro del vaso. Un'alternativa è il bypass, che consiste nell'impianto di una protesi che salta il tratto occluso. Si può utilizzare una protesi in materiale sintetico Dacron o PTFE o la vena safena del paziente, che si presta benissimo come protesi per i bypass sotto il ginocchio.
I tempi principali di tutti i tipi d'intervento sono: le incisioni chirurgiche alla coscia e alla gamba, l'isolamento delle arterie, l'interruzione momentanea del flusso arterioso, la sutura della protesi all'aorta e alle arterie iliache o l'asportazione del materiale aterosclerocalcifico occludente e la successiva sutura. Quindi si ristabilisce il flusso, si posiziona un tubicino di drenaggio in PVC e si procede alla chiusura delle ferite chirurgiche.
Complicanze dell'intervento
Le complicanze possono essere immediate, precoci o tardive
Principali complicanze immediate intraoperatorie
Le principali complicanze immediate intraoperatorie possono essere di tipo chirurgico o generale:
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Le complicanze di ordine chirurgico: l'emorragia intraoperatoria di entità variabile che può comportare la necessità di trasfondere unità di sangue e la trombosi del bypass.
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Le complicanze di ordine generale sono: meno frequenti ma legate a problematiche anestesiologico, in particolare nei pazienti anziani e nei cardiopatici. Nei pazienti a maggior rischio è previsto il ricovero, nell'immediato periodo post-operatorio, presso la Terapia Intensiva.
Principali complicanze precoci
Le complicanze precoci si possono manifestare nel periodo postoperatorio, a partire dalle prime ore ma anche nelle successive settimane. Tra queste ricordiamo:
Emorragie a livello della protesi vascolare e delle sue suture, tali da richiedere un reintervento chirurgico in urgenza.
Trombosi protesica richiedente una revisione chirurgica della protesi.
Complicanze respiratorie (embolia polmonare, atelectasia, polmonite, versamento pleurico, insufficienza respiratoria) che possono richiedere trattamenti medici intensivi o invasivi come la tracheotomia.
Complicanze cardiache (ischemia, aritmie).
Altre complicanze di ordine sistemico (rare).
Principali complicanze tardive
Le complicanze tardive si possono manifestare nel tempo, anche a distanza di anni:
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Le principali sono a carico della protesi vascolare: l'occlusione improvvisa o progressiva per trombosi, può manifestarsi anche a distanza di anni e necessitare d'un intervento di rivascolarizzazione agli arti inferiori. L'infezione è la complicanza più temibile e fortunatamente la più rara (0,3%). Essa comporta un reintervento con sostituzione protesica con materiale sintetico o biologico. Meno rari sono gli pseudoaneurismi, dilatazione dell'aorta e delle altre arterie interessate dalle suture, con distacco della protesi. Anche queste situazioni comportano una correzione chirurgica.
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Raramente l'occlusione della protesi vascolare può comportare l'amputazione dell'arto. Essa è più frequente nei pazienti diabetici, nei pazienti nefropatici in dialisi, nei pazienti che avevano gravissime lesioni trofiche infette (ulcere) alle gambe. Attualmente il rischio è attorno allo 0,05%.
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Ematomi alla coscia e alla gamba, causati dal trauma chirurgico, favoriti dal necessario trattamento anticoagulante e antiaggregante. Si riassorbono spontaneamente con la deambulazione. Raramente è necessaria un evacuazione chirurgica.
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Tra quelle meno rare ma più leggere ricordiamo: la mancata chiusura delle ferite chirurgiche, con associate raccolte linfatiche, che spesso richiedono una correzione chirurgica
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Molto frequente è il “gonfiore” alla gamba, più propriamente detto edema. È un evento molto comune dopo la chirurgia degli arti inferiori. È causato da una combinazione di fattori, il maggiore dei quali è l'aumentata portata di sangue in periferia. Si risolve con la deambulazione e il bendaggio elastico dell'arto.
2) L'INTERVENTO ENDOVASCOLARE
È conosciuto più comunemente come angioplastica con catetere a palloncino (PTA). Si usano dei cateteri a palloncino e dei fili guida particolari, introdotti nell'arteria femorale comune all'inguine in anestesia locale. Si può passare dallo stesso lato (puntura secondo corrente) o dall'altro lato (cross over). Oltrepassata la lesione stenosante o completamente ostruttiva, si dilata la parete a livello della placca. Si può posizionare un anellino a rete (stent) per evitare la richiusura dell'arteria interessata. Questa metodica, di più recente utilizzo, può essere controindicata in alcuni per l'impossibilità di eseguire esami con mezzo di contrasto (insufficienza renale, allergia, etc), oppure per la particolare conformazione delle arterie o per la natura della placca.
Anche questo intervento può comportare delle complicanze che distinguiamo come di seguito:
Principali complicanze immediate
- rottura delle arterie di accesso con spandimento ematico significativo (ematomi)
- dissecazione delle arterie
- distacco di trombi con fenomeni embolici periferici agli arti inferiori
- allergie a mezzo di contrasto con manifestazioni cutanee o respiratorie di gravità variabile fino al rarissimo shock anafilattico
Principali complicanze precoci
fenomeni di tossicità del mezzo di contrasto a livello renale, con conseguente necessità temporanea o permanente d'emodialisi
ematomi più o meno gravi nella sede della puntura arteriosa, che possono necessitare un trattamento chirurgico
Principali complicanze tardive
- riocclusione dell'arteria trattata per restenosi o trombosi
- infezione nella sede della puntura arteriosa (rara)
- infezione dello stent (rarissimo)
3) INTERVENTO IBRIDO
Si basa sull'esecuzione, nella stessa seduta, di un intervento di bypass associato ad una procedura endovascolare. Più frequentemente il bypass si esegue alla coscia e la PTA all'arteria iliaca dello stesso lato oppure alle arterie della gamba. L'esecuzione contemporanea di più trattamenti non espone ad un incremento delle complicanze, che rimangono quelle già descritte.
Stile di vita del paziente dopo l'intervento
Da quanto sopra ricordato, per prevenire le complicanze è necessario che il paziente si sottoponga ai prescritti controlli clinici (visite ambulatoriali, ) che strumentali.
È fondamentale che il Paziente adotti uno stile di vita sano, con la dieta appropriata, l'attività fisica costante, abolendo il fumo. Inoltre deve eseguire tutte le terapie e le prescrizioni. Tra queste si raccomanda, in particolare la terapia antiaggregante, antiipertensiva e antidislipidemica.
È necessario inoltre, che il Paziente esegua alle scadenza previste i controlli Ecocolor – Doppler prescritti sia agli arti inferiori che negli altri distretti più frequentemente interessati da patologie vascolare (carotidi, aorta). Lo stretto monitoraggio dell'avvenuto trattamento chirurgico open o endovascolare facilita il trattamento delle eventuali complicanze. Il paziente operato per AOAI può condurre una normale vita di relazioni e lavorativa, compatibilmente con l'età e l'eventuali malattie associate.

Dott. Paolo Bisetti
Responsabile Unità Operativa Chirurgia Vascolare
CLINICA SAN CARLO - Paderno Dugnano (MI)